Esisterà ancora il cooperante? – Intervento di Marco Crescenzi

Social Change School, è intervenuta al convegno “Il Futuro della Cooperazione Internazionale: come il Covid ha cambiato il Mondo, organizzato dai partners di AMISTADes. A Marco Crescenzi, Presidente e Fondatore di Social Change School, è stato chiesto di sviluppare il tema ‘Esisterà ancora il cooperante?”. Tra i relatori anche AVSI, ONG 2.0 e Ayni Cooperazione. Marco Crescenzi, citando Esther Duflo, Duncan Green, Diego Battistessa più altri esperti del settore ed a partire dal consolidato di esperienze del Master in Project Management for International Cooperation, ha dato una prospettiva innovativa del profilo del cooperante – un attore essenziale di lotta alla povertà e di cambiamento sociale, che interpreta la povertà come mancanza di potere. Un professionista culturalmente complesso, multistakeholder, sempre più data-driven e impact based, che interpreta il progetto come leva di cambiamento sociale.
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CHI È IL COOPERANTE? Speaker: Marco Crescenzi

Per la Social Change School il cooperante  è un attore chiave per la lotta alla povertà a tutti i livelli – anche educativa – in una logica non di mera assistenza (Charity, quanto di empowerment-capacitazione (A.Sen) e sviluppo locale.  

Povertà come “mancanza di potere” (Duncan Green, senior strategic adviser OXFAM GB, autore (2008) “From Poverty to Power: How Active Citizens and Effective States can Change the World”.

È importante il paradigma di azione in cui il Cooperante si muove: Empowerment vs Assistrenzialismo, Cambiamento Vs Tappabuchi. Centratura sulla Comunità e lo Sviluppo più che su gruppi oggetti di  assisenza.  

Una FIGURA ANCHE CULTURALMENTE COMPLESSA, in grado di interpretare le dinamiche locali.

Un ATTORE DI CAMBIAMENTO SOCIALE, non un tappabuchi, che usa la sua capacità progettuale e di intervento come leva di cambiamento, non assistenziale. Che cerca di creare sviluppo locale ed occupazione, ownership delle comunità locali.

Una FIGURA CON PROFILO SEMPRE PIÙ CON BASI SCIENTIFICHE

– che sa interrogarsi sulle misure davvero efficaci per superare la povertà in modi non ideologici, come insegna la premio Nobel Esther Duflo in “L’economia dei poveri. Capire la vera natura della povertà per combatterla” e ne “I numeri per agire. Una nuova strategia per sconfiggere la povertà’ e nel Poverty Action Lab (J-PAL) del MIT.

– che sa organizzare la raccolta dati e la misurazione dell’impatto sociale dei progetti e dei programmi.

DOVE OPERA?: Non solo “sul campo” nei PVS. Oggi la cooperazione opera in modo integrale ed integrato su diverse latitudini con un grosso interscambio di figure che operano negli head quarters e on the field. Le ONG sono sempre più impegnate anche sui temi delle nuove povertà e delle emergenze nei paesi del nord- trasferendo il know how e l’esperienza dai paesi del sud (es, Oxfam, Emergency).

CHI SARÀ?: sempre più “local staff”, con voglia di ownership sui progetti realizzati nel suo paese. L’organizzazione (ONG) preferisce lo staff locale, economia locale, favorire la ownership locale, che è anche risparmiare. I governi pongono restrizioni (es. in Libano obbligatorio 1 cooperante locale su 10 cooperanti espatriati).

COME SARÀ? empowerment e facilitazione degli staff locali, accompagnare i progetti  con azioni di lobbying and advocacy.

Una figura MULTISTAKEHOLEDERS capace di muoversi in un ambiente multi stakeholders (donatori istituzionali, privati/grandi fondazioni/impact buyers, social investment funds…).                                               

Capace di lavorare in una logica di IMPATTO SOCIALE, con una mindset molto più DATA DRIVEN.

TECNOLOGICO, non solo usare zoom, ma tutte le metodologie di lavoro a distanza, di raccogliere e analizzare i dati, usare le app che facilitano management e comunicazione, social se vuole fare engagement sui progetti. Pensiamo alla telemedicina, a quanto lo smartphone ha cambiato il mondo più di tanti progetti. In generale, capace di lavorare in una logica di Social Innovation.

Capace di gestirsi dal punto di vista MANAGERIALE per evitare il burn out e gestire il tema di lavoro, gli stakeholders e le risorse. “Mens sana in corpore sano” vale anche e di più per i cooperanti, per prevenire il burn out.  

Perché – sdrammatizzo un po’ ma su basi serie – alla fine per essere al servizio in modo efficace, “per fare bene il bene, bisogna… stare bene!” .

Per conoscere di più sul Master PMC – Project Management for International Cooperation.

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