Il Social Business per le ONG locali. Moltiplicare l’impatto e aumentare la sostenibilità

Stefano Oltolini 12 giugno 2014

Sono sempre di più le esperienze di social business testate in ambito della cooperazione internazionale da ONG e Fondazioni europee. Oggi voglio presentarvi un interessante studio realizzato da Francesco De Pasquale, corsista del Master PMC ASVI, al termine del suo periodo di stage formativo svolto nel mio gruppo di lavoro, l’ufficio progetti estero della Fondazione “aiutare i bambini” di Milano.

Con il pieno accordo e supporto di ASVI, Francesco ha trascorso un mese in Uganda a studiare un’esperienza pilota di social business sostenuta da FAIB a Kampala. Al rientro dall’esperienza, ha prodotto un essay che riassumo brevemente di seguito.

Francesco ha analizzato come un’idea imprenditoriale di social business, messa in atto da una ONG locale, non sia solamente capace di generare benefici sociali in condizione di equilibrio economico – caratteristiche tipiche del social business – ma possa anche contribuire a moltiplicare l’impatto sociale dell’organizzazione stessa, aumentandone la sostenibilità.

Il case-study analizzato ha riguardato la realizzazione e gestione di silos di stoccaggio di cereali in un’area ugandese caratterizzata da alta fluttuazione stagionale dei prezzi.

Un intervento di ottimizzazione nello stoccaggio dei cereali, in tale contesto, produce un impatto immediato poiché consente di avere accessibilità al prodotto anche in periodi di carestia ad un prezzo controllato.

Già per tale ragione l’intervento di avvio e gestione di silos di stoccaggio si situa nell’area del social business, apportando benefici sociali in condizioni di mercato.

Se l’intervento viene realizzato da un soggetto non profit, l’impatto sociale è fortemente aumentato, perché l’income generato dalla gestione del silos può essere vincolato alla realizzazione di altri progetti sociali oppure alla copertura dei costi di gestione dell’ONG locale.

Nel case-study analizzato, un silos gestito da un’ONP attiva sia in progetti di sviluppo in ambito agricolo e sanitario, sia in interventi di sostegno in casi di emergenza alimentare, sia in attività di capacity building di altre organizzazioni locali, permette di generare un profitto (income), che viene destinato alla copertura dei costi gestionali della stessa ONP. Se si considera che il funzionamento dell’ONP è stato finora assicurato da donazioni solidali dall’estero, con scarse prospettive di sostenibilità e con il rischio di creare un legame di totale dipendenza dall’esterno, il ricorso ad una income generating activity che possa gradualmente coprire i costi gestionali ha una triplice valenza:

  1. Aumenta la sostenibilità economica dell’ONP locale, permettendo un graduale affrancamento dalle donazioni esterne del partnerdonor occidentale e riducendo i rischi di un funding mix non bilanciato, soprattutto se il partner occidentale è uno solo.
  2. Permette al partnerdonor di uscire dall’investimento di start-up e concentrare le proprie risorse su altri potenziali partner, con un effetto moltiplicatore di maggior impatto.
  3. Massimizza il concetto di social business, perché garantisce sia l’ambito “sociale” dell’intervento, sia la gestione “non profit” del progetto, vincolando il profitto all’accresciuta sostenibilità dell’organizzazione, che nel tempo sarà in grado di continuare a generare benefici sociali a minor rischio.  

Il testo integrale dell’essay è disponibile su richiesta contattando Francesco De Pasquale – francesco_de_pasquale@hotmail.ite ASVI: asvi@asvi.it     

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