Coffee Break with the Nonprofit Managers – Intervento di Francesco Petrelli, Responsabile Relazioni Istituzionali per Oxfam Italia

In data 2 aprile 2020 la Social Change School ha organizzato il Coffee Break with the Nonprofit Manager per far sì che i manager del settore potessero confrontarsi e condividere esperienze durante il periodo di crisi creato dal virus COVID-19. Oggi riportiamo il commento di Francesco Petrelli, Responsabile Relazioni Istituzionali per Oxfam Italia.

Come sta e come stiamo vivendo questa crisi?
Io sto abbastanza bene, sempre un po’ adrenalinico come gli altri, ma preoccupato perché lo smart working full time diventa tossico. Diciamo che ho l’impressione che ci sia un ricompattamento della truppa, bella l’assemblea con 110 fatta su Zoom di due ore e mezza. Il lavoro sta continuando e anche il lavoro internazionale prosegue; i gruppi continuano a lavorare, c’è una task force per l’emergenza.

Abbiamo prodotto anche in ambito italiano un documento su come gestire la catastrofe e delle prime valutazioni e proposte che partono dai vari paesi e poi si sintetizzano.

Stiamo facendo un lavoro molto Toscano-Centrico, che è un po’ la storia di Oxfam in Italia, di sostegno agli ospedali, gestione dei rifugiati nei centri, e il grandissimo e straordinario lavoro che non è solo nostro, ma di tutto il sistema scolastico di adattarsi, spesso in pochi giorni, e produrre positivamente l’e-learning, lo scambio, l’interazione che ha coinvolto genitori e studenti, una bellissima cosa e buona pratica.

Si lavora in rete sull’aspetto sindacale e però è interessante che AOI-Associazione delle ONG Italiane, le varie reti delle ONG, il Forum del Terzo Settore siano dentro l’impatto economico italiano. C’è anche la lobbying che ovviamente si fa per le ONG, ma entra e interviene sul decreto “Cura Italia’’ e su un bel pezzo di economia sociale.

La domanda che mi faccio è: siccome già 10 anni fa avevamo detto che nulla sarebbe stato più come prima dopo la crisi 2008 e invece 10 anni dopo così non è stato, vorrei capire questa volta come si uscirà e in che modo noi riusciremo in modo creativo a proporre che il mondo non sarà più come prima a partire da noi e dalla nostra capacità di cambiarlo.

Cosa stiamo imparando, cosa ci vogliamo portare e ricette per uscirne?
Credo che dobbiamo usare la finestra di opportunità a breve termine. Secondo quello che dice l’OMS non si sanno delle cose della vita e della morte di milioni di persone,  dovremmo ragionare come questo paesaggio mette in evidenza quello che abbiamo detto per anni, tra cui migrazioni, la necessità di sistemi di salute pubblica. Come riusciamo a farlo rimanere e radicare nel senso comune e nel pubblico dibattito, questo già è un discorso a medio termine. E secondo me sta a noi assumere un senso del limite e del nostro patrimonio per non accettare di essere meri gestori, che nel momento di crisi si chiamano e poi si dimenticano, ma essere invece progettatori sociali, capaci di futuro. È un problema che riguarda il ruolo delle politiche pubbliche, il ruolo dello stato, della democrazia, dei rischi e delle opportunità. È una sfida anche per noi. Non sono sicuro delle capacità, cultura e visione del terzo settore per stare in un mondo che non sarà più quello di prima.

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