Vuoi fare innovazione sociale globale? RSVP parte 2 / 2

Sandro Calvani | 26 settembre 2013

Continuiamo nel nostro invito ad agire.

Dopo aver chiarito il senso profondo del Repondez, è ora la volta del  S‘il vous plaît.

Cinque S sono le fasi di liberazione dalla povertà e di cammino verso lo sviluppo sostenibile delle aree povere dovunque esse siano. Queste “fasi” vengono da centinaia di casi dove ho visto che il cammino di cambiamento sociale ha funzionato.  Survival: prima di tutto laddove la situazione è disperata va garantita la sopravvivenza. Sufficiency: l’avere il minimo sufficiente ad una vita felice (e non l’essere ricco) è il successo del cammino di sviluppo; che deve poi divenire Sustainable, perchè chi è stato aiutato possa poi continuare con le proprie forze, senza ulteriori aiuti di stato o del mercato. Speed: ci vuole un certo senso dell’urgenza e come ha suggerito l’Unicef, i previsti otto secoli e mezzo per ridurre la povertà non sono certo i tempi e la velocità giusta. Sharing/Savings: un’ultima fase di sviluppo e un obiettivo finale (ed anche un indicatore) di sviluppo sostenibile sono le riserve comunitarie e familiari, un po’ di surplus, i risparmi della gente, che sono il fondamento della resilienza, l’assicurazione contro future crisi o disastri e servono anche ad offrire crediti ad altri più poveri che arrivano dopo.

Cinque V specificano le condizioni secondo me da richiedere per chi vuol lavorare efficacemente e credibilmente nell’innovazione sociale: partono ovviamente dai Values: i valori condivisi, che tutto il genere umano e le sue istituzioni dovrebbero conoscere e acconsentire: la vita, la libertà, la ricerca della felicità, i diritti umani, la parità di genere, la sicurezza di tutti, la non violenza all’interno delle nazioni ed a livello internazionale.  Le virtues degli operatori a qualunque livello sono ugualmente irrinunciabili e tra esse la vera competenza, l’estroversione di operatori e comunità, l’etica assoluta, il disinteresse personale, la leadership e la partecipazione emotiva di tutti. Un metodo efficace di lotta contro i vices, i vizi e gli andazzi dannosi, come corruzione, crimine organizzato, prepotenza di pochi, raccomandazioni e burocrazia, il settarismo, l’autoreferenzialità del settore pubblico, l’evasione delle tasse, gli ego esagerati. Comprendere, coinvolgersi, pianificare, partecipare danno il senso della joint Venture, l’avventura sociale che si intraprende insieme, dove il percorso fatto insieme conta quanto o anche più della meta finale.  Ancora una V ? Quella che in ogni parte del mondo si indica con due dita, indice e medio alzati, in senso di vittoria, la voglia di vincere, di superare gli ostacoli, l’entusiasmo, la voglia di farcela, oggi può voler dire Just do it, domani potrebbe essere Yes I can, oppure Yes we can.

E infine cinque P di relazioni tra luoghi e protagonisti nel macro-sistema mondo dell’innovazione sociale globale per salvare il Planet, che sembra non abbiamo ancora capito che è uno solo e non c’è verso di trovarne uno di ricambio.

Il Muro di Berlino, che separava il Primo Mondo capitalista con poche regole, dal Secondo Mondo di socialismo pianificato con troppe regole, riuscì ad impedire un conflitto diretto tra due mondi di valori e disvalori diversi. Si inventarono però il termine e i luoghi del Terzo Mondo, dove di fatto i due sistemi si combatterono per decenni sulla pelle dei più poveri (il Terzo Stato), senza creare un ecosistema planetario migliore e sostenibile. Caduto il Muro di Berlino, siamo passati al confronto (conflitto?) tra Primo Settore dell’imprenditorialità che crea ricchezza con poche regole, e dunque un mercato in crisi, contro il Secondo Settore del servizio pubblico, gli organi di governance e amministrazione che dicono di stare invece dalla parte del bene comune e troppo spesso lo fanno con una pletora infinita di regole che funzionano ancora meno del mercato. C’è un nuovo muro di Berlino invisibile che bisogna far cadere al più presto, un muro alto di incomprensione e non-collaborazione anche tra Profit (mercato, impresa) e Power  (politica, amministrazione). Soprattutto bisogna evitare che nella guerra fredda tra Profit e Power, si occupino del Terzo settore, del no profit o della civil society dalla parte della gente (People ) , solo per cercare un alleato per migliorarsi davvero o migliorare almeno la propria immagine. Invece c’è bisogno sia di Power che di Profit, migliorati e intesi esclusivamente come strumenti e non come obiettivi, per rendere la People gente protagonista,  e dunque Empowered e Profitable.

Come realizzare questo sogno di innovazione sociale?  Attraverso le vere Partnership   tra forze (Profit, Power, People) che si riconoscono e si rispettano, appunto come partner e non come concorrenti in competizione tra loro.

R S V P  sono dunque venti pezzi del puzzle dell’innovazione sociale da mettere a posto in un nuovo panorama di co-responsabilità. Ma non va dimenticata la sfida di metodo, che chiamo del cubo di Rubik, cioè l’errore di mettere a posto una faccia del cubo, un colore alla volta.  Per chi guarda una sola faccia, essa può sembrare tutta a posto; mentre l’osservatore unilaterale non sa, o preferisce non vedere, che tutte le altre facce del cubo sono ancora mal prese. Per realizzare il cubo di Rubik bisogna invece mettere a posto tutte le facce, tutti i lati allo stesso tempo, e bisogna accettare di buttare all’aria una faccia mono-colore già finita anche solo per mettere a posto tutte le altre. Chi ha giocato con il cubo di Rubik, sa quanto dispiace rivoluzionare quella faccia che era finita ed era già a posto per sistemare le altre. È però continuando a mischiare i  colori che si riesce a finire e a vincere la vera sfida.

Il cubo di Rubik insegna anche che per finirlo bene, bisogna metterci le mani. Non esistono nè teorie, nè strumenti, nè test da fare online. Bisogna continuare a provare e riprovare, girare e rigirare, finchè viene via via meglio e poi perfetto. Così anche con l’innovazione sociale, provate e riprovate, metteteci le mani. È il mio invito e… RSVP.

 

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