#StoriedalCampo: ‘As much as I can’ – Il Natale ‘diverso’ in Africa di un operatore del non-profit

“Per un uomo del Sud, napoletano come me, le tradizioni sono importanti.

E Il Natale, per un uomo che queste tradizioni le ama, va passato in casa vicino alla propria famiglia. Per chi fa il mio mestiere e vive lontano, le festività sono in genere l’opportunità per farci ritorno, per vedere i volti cari che tanto ci sono mancati. Tuttavia, a volte, la vita e gli impegni verso noi stessi e gli altri ci costringono a rimanere distanti, senza la possibilità di onorare quegli usi e quei costumi a cui siamo così legati, ma con l’opportunità di concorrere a qualcosa di più grande. Qualcosa capace di avere un impatto sulla vita di migliaia di persone vulnerabili.

Attualmente sto lavorando in Mozambico dopo alcuni anni in Uganda; il cambiamento mi ha permesso di mutare non solo il paese ma anche la tipologia dei progetti, da sviluppo a emergenza. La percezione dell’emergenza si ritrova negli occhi dei beneficiari, nell’impegno dello staff locale così come nei ritmi e nelle lunghe giornate di lavoro che, soltanto nel mese di dicembre, hanno offerto supporto a 5.600 famiglie, circa 31.000 persone, attraverso il programma cui mi sto dedicando con Concern Worldwide.  Un programma complesso costituito da diversi elementi (Food Assistance, Nutrition, Agriculture e WASH) in cui io mi trovo ad operare in maniera trasversale, offrendo supporto gestionale e logistico (e non solo) ai diversi settori.

Nell’emergenza non c’è tempo per lunghi break poiché le tempistiche d’intervento sono cruciali per la buona riuscita del programma e per la soddisfazione dei bisogni dei beneficiari, di cui si finisce per sentirsi inevitabilmente responsabili. Questa responsabilità è quella che spinge me e i miei colleghi a fare as much as we can, for as many as we can, as well as we can, for as long as we can”.

Combinato con l’impegno professionale ufficiale in Mozambico, c’è l’impegno personale collegato con Art of a Child e le migliaia di bambini ugandesi che, attraverso l’organizzazione di cui sono co-fondatore, attendono la conclusione della campagna di crowdfunding per MatatArt.

Queste sono le ragioni (che conterei in migliaia per includere tutti i beneficiari coinvolti) per cui quest’anno ho trascorso le feste in modo alternativo, qui in Mozambico, lontano da famiglia e amici ma cercando di ricaricare ugualmente le energie in vista del nuovo anno, tentando di ricreare atmosfere familiari attraverso nuovi incontri, nuovi sorrisi e nuove energie.

Era fondamentale essere pronti e operativi con l’inizio del nuovo anno.

Io e i miei colleghi avevamo un impegno nei confronti delle 150 famiglie beneficiarie di un piccolo villaggio, Masvissanga, che per ragioni indipendenti dalla nostra volontà non siamo ancora riusciti a raggiungere con il nostro intervento. Con l’arrivo della stagione delle piogge gli spostamenti si fanno infatti difficili, a volte impossibili, tali da pregiudicare la fattibilità del nostro lavoro. Il pensiero di quelle 150 famiglie in difficoltà e la nostra promessa di essere lì appena le piste fossero state nuovamente percorribili, mi hanno accompagnato durante le festività.

Chi fa questo lavoro sceglie di vivere una vita diversa, ricca di soddisfazioni ma anche di sacrifici, spesso sospesa tra il dove si è e il dove si vorrebbe essere. A colmare ogni vuoto e ogni distanza ci sono però i sorrisi di gratitudine e di gioia che rappresentano la più grande soddisfazione che chi sceglie questo mestiere possa desiderare.”

Francesco De Pasquale

Per scoprire di più sul progetto di F. De Pasquale potete leggere il suo precedente articolo: “Come l’arte può salvare un bambino” .

Foto dal campo di Francesco De Pasquale

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