Chi vuol esser lieto sia…

In molti Paesi la ricerca della felicità prevale sulla ricerca della ricchezza

Sandro Calvani | 9 Aprile 2014

Perché nel mondo c’è più gente infelice o depressa che gente felice di vivere? È la domanda che mi sono fatto tante volte incontrando in ogni parte del mondo gente comune ed autorità, insegnanti e taxisti, commessi negli hotel o nei centri commerciali e colleghi diplomatici e operatori dei servizi sociali nelle periferie o nei villaggi più poveri. Ho potuto cercare una risposta vera per un periodo lungo 35 anni e ricontrollare più volte se mi ero sbagliato. Infatti il mio lavoro per organismi internazionali per lo sviluppo e la giustizia dal 1980 ad oggi mi ha portato a viaggiare in 135 Paesi in ogni parte del mondo; a volte sono rimasto pochi giorni, altre volte sono tornato decine di volte negli stessi luoghi a distanza di pochi mesi per gestire programmi a lungo termine, in altri Paesi sono rimasto a vivere per anni con tutta la famiglia e in alcuni sono tornato periodicamente a distanza di anni tra una visita e l’altra. Secondo i rapporti annuali delle Nazioni Unite sulla felicità dei popoli, “le persone possono essere infelici per molte ragioni, dalla povertà alla disoccupazione, dalla disgregazione della famiglia alla malattia fisica. Inoltre quasi ovunque una malattia mentale cronica è una causa molto influente del mantenimento della miseria”; i ricercatori Richard Layard, Dan Chisholm, Vikram Patel e Shekhar Saxena lo danno per dimostrato nel capitolo sulle malattie mentali e l’infelicità nel mondo del rapporto ONU sulla felicità del 2013. Inoltre alcuni miei studenti, in una ricerca sommaria sugli investimenti per la ricerca farmaceutica, hanno trovato che nel mondo si investe dieci volte di più nella ricerca di farmaci per la salute e la bellezza dei capelli, dei denti, degli occhi, della pelle, di quanto si spende per la salute della mente. Non solo i medicinali per la salute mentale sono pochi e costosi, ma anche due persone su tre che dovrebbero curarsi nemmeno sanno di soffrire di depressione o di una malattia mentale o comunque non vogliono curarsi. A guardar bene l’infelicità è anche in qualche modo la malattia più infettiva al mondo perché spesso l’infelicità di una persona affetta chi gli sta vicino. Nessun Paese al mondo spende in salute mentale più del 10% del bilancio di salute pubblica e molti Paesi non arrivano al 5%, perfino in quei Paesi dove si registrano il 30% di depressi tra i giovani o tra gli anziani e nei Paesi con tassi altissimi di suicidio. Se da una parte sono vere le osserva-zioni delle Nazioni Unite che la depressione e la malattia mentale sono cause di miseria e che la povertà provoca infelicità, mi pare certo anche che la relazione non è né automatica né proporzionale; infatti in alcuni Paesi ho trovato gente gioiosa tra i più poveri e gente infelice e disperata tra i più ricchi. Per fortuna il diritto di ognuno alla ricerca della felicità è riconosciuto quasi ovunque. E in sempre più Paesi ci si è accorti che la gente è sempre più interessata ad aumentare la propria felicità più che a far crescere la propria ricchezza. Ne è una prova il boom dei riferimenti alla felicità nella pubblicità dei consumi, come dei servizi, incluse l’educazione, le assicurazioni e il turismo. Le mie osservazioni personali sulla felicità dei popoli mi hanno convinto di altre tre caratteristiche comuni dei popoli dove la felicità cresce più rapidamente che in altri: 1) l’attitudine positiva all’educazione in generale ed in particolare all’educazione sull’intelligenza emozionale e sulla propria salute mentale; 2) l’attitudine culturale, sociale e politica al senso civico, alla condivisione, ai ser- vizi volontari; infine, 3) le pari opportunità di genere compresa la tolleranza sugli orientamenti sessuali, ovviamente nelle forme che non ledono i diritti di altri. In ogni Paese dove l’infelicità cresce o rimane cronica almeno una di queste caratteristiche è assente o decrescente e in ogni Paese dove almeno due di queste caratteristiche sono largamente presenti e forti si vedono molte più persone felici che negli anni passati. La massima accelerazione della felicità dei popoli coincide spesso con politiche pubbliche che massimizzano le tre caratteristiche menzionate, forse anche perché esse permettono di prevenire le cause più diffuse e durature di infelicità diffusa.

 

Fonte: NP – Nuovo Progetto (numero di Aprile 2014)

 

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