Lasciate che i Talenti vengano a me – di Marco Crescenzi

EDITORIALE. Lasciate che i Talenti vengano a me – di Marco Crescenzi

Ho iniziato la mia ‘carriera sociale’ come attivista politico, tra i 17 ed i 19 anni, da Rappresentante d’Istituto degli studenti di sinistra del Liceo Classico Plauto, a Roma, nell’Italia degli ‘anni di piombo’. Nel 79′ un giorno durante il mio ultimo anno, venne a scuola un israeliano che sembrava dei servizi segreti. Il Preside mi chiamò e volle che gli parlassi riservatamente. L’uomo mi chiese se volessi trasferirmi in Israele, dove lo Stato avrebbe investito sui miei studi e poi sarei stato libero di decidere se lavorare per loro o andare dove desiderassi. Preferivo i palestinesi, e rifiutai. Però quel ‘talent scouting’ così aggressivo ed internazionale, mi rimase molto impresso e, per dirla tutta, ha ispirato la strategia di recruiting ‘talent based’ della Social Change School.

Sono 20 anni che combatto lo spirito ‘Nonprofit: brava gente’. In base a un comune e errato modo di pensare, nel Nonprofit si accolgono “brave persone”, sicuramente dotate di spirito di servizio e umanità, ma magari prive di spirito di iniziativa e di efficacia nelle proprie azioni. Noi  staremmo qui “solo per cambiare il mondo” e non per creare occupazione… ( che di fatto creiamo e anche in grandi numeri). Come ho scritto su Il Fatto Quotidiano, “mala tempora currunt”, ‘È finito il tempo dei buoni, avanti i cattivi!’.

Il SOCIAL TALENT SCHOLARSHIP PROGRAMME è la strategia culturale fondante della Scuola tesa a dare spazio ai migliori giovani del mondo, per formarli e lanciarli – in rete- in carriere internazionali. Combattiamo da anni una “battaglia” per strappare i talenti migliori che, per mancanza di conoscenza reale del Nonprofit, si dedicano a carriere che non gli appartengono e a percorsi post universitari basati solo sulla teoria. In particolare, per queste motivazioni, siamo alla ricerca in parternariato con le reti ‘young leaders’ – AIESEC in primis – under 30 che siano attivisti politici, culturali, ambientali, ma anche ex rifugiati africani diventati operatori sociali, e ricerchiamo persone di valore nelle università prima ancora che si laureino.

Requisiti? Profili ad alta propensione internazionale – ottimo inglese e se possibile altra lingua, che abbiano esperienze di volontariato, determinati e aperti, ambiziosi negli obiettivi ma umili nel modo di essere. Ricerchiamo profili desiderosi di una carriera non solo ‘per sé’ (“Io voglio…”), ma soprattutto per gli altri (“Io voglio dare…”), in cui ‘l’Io’ sia tanto forte quanto altruista. Sognatori, ma concreti.

Per entrare nel programma ‘Talent’, i candidati svolgono con me un’intervista di un’ora, in cui, in un vero percorso di coaching, creiamo una una SWOT analysis personale su item quali profilo sociale, internazionale, esperienze di lavoro, motivazione, sogno professionale, punti di forza, aree di miglioramento, fattori di potenziale ostacolo. Da questo incontro gli intervistati ne escono solitamente molto soddisfatti e io anche. Perché – confesso – queste ‘interview’ sono una delle mie principali fonti di motivazione. E’ un po’ come, citando un passo delle Memorie di Adriano: ‘Scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti’ – le loro, ma anche rinnovare e rinfrescare le mie, rispecchiandomi in tanti altri “come me” giovani e con la vita tutta davanti.  

Trovarsi insieme in aula con  studenti così generosi, occhi brillanti quanto il cuore, è meraviglioso per me e per tutti noi della Social Change School. Vedere quello che poi di bello realizzano nei loro Paesi e nel mondo dopo il Master, ci restituisce il pieno senso di quello che facciamo. 

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