Impatto, innovazione e sostenibilità. Alla ricerca del BRAC

Alessandro Bechini | 22 ottobre 2013

 

Bangladesh Rural Advancement CommitteeE’ tendenzialmente vero che le classifiche sono sempre opinabili e che il loro valore non sta tanto nello standing finale ottenuto, quanto nel mettere in evidenza gli indicatori attraverso i quali si è pervenuti alla valutazione finale. Una delle classifiche più interessanti uscite sulle 100 migliori ong al mondo è quella redatta dal Global Journal  che per il 2013 ha decretato che al primo posto c’è il Bangladesh Rural Advancement Committee. Il BRAC è la ong più grande del mondo, nata negli anni ’70 e pioniere in tema di micro-credito e micro-finanza. Quello che però dovrebbe attirare la nostra attenzione sono i criteri della valutazione che hanno portato alla composizione delle classifica: impatto, innovazione e sostenibilità. Cosa succederebbe se applicassimo questi tre indicatori anche alle ong per le quali lavoriamo o abbiamo lavorato? Quale tipo di risultato otterremmo? Al di là delle nostre pessimistiche o ottimistiche valutazioni, sarebbe invece un bel salto di qualità se riuscissimo a ragionare e a valutare il terzo settore proprio su questi tre elementi: impatto, innovazione e sostenibilità, anche in Italia. Se la nostra “public voice” fosse incentrata sul rivendicare il livello di impatto, innovazione e la sostenibilità dei nostri interventi, potremmo cominciare a farci percepire non più soltanto come operatori del terzo settore o della Cooperazione Internazionale ma, probabilmente, come veri e propri “agenti di sviluppo”.  Il BRAC ha un approccio olistico rispetto allo sviluppo dei territori nei quali opera. Si occupa di agricoltura, sicurezza alimentare, educazione, ambiente, risk reduction e molto altro. Anche su questo sarebbe interessante interrogarci: ha ancora senso pensare a tante piccole ong iper specializzate? Oppure può essere più efficace ed efficiente pensare a grandi ong che al loro interno offrono una pluralità di specializzazioni? Il BRAC ha anche una fortissima voce nel dibattito pubblico sulle politiche di sviluppo del Bangladesh. Possiamo ragionevolmente pensare che anche da noi sia necessario un aumento di questo tipo di attività di advocacy all’interno del terzo settore, aumentando così il nostro impatto anche sui decisori politici? La classifica del Global Journal è un altro elemento che può fornirci spunti importanti di riflessione, nell’attesa di capire se il modello del BRAC sia quello migliore a cui vogliamo tendere.

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