I capitalisti (finalmente) pazienti. E’ questa la nuova frontiera per aumentare l’impatto sociale e creare sviluppo?

Alessandro Bechini | 11 luglio 2013

 

La chiamano la terza via (ogni riferimento al mantra Blairiano è puramente casuale).

E’ l’approccio che si inserisce tra quello di chi crede che soltanto i meccanismi di mercato (in ragione delle loro caratteristiche di efficienza e scalabilità) possano creare uno sviluppo vero anche nei PVS, sostenendo conseguentemente che il sistema degli aiuti internazionali è totalmente sbagliato ed inefficiente, e coloro che invece sostengono che servono più aiuti per poter arrivare a raggiungere l’obiettivo di eliminare la povertà dalla faccia del nostro pianeta.

Sono ovviamente due visioni molto diverse, quasi antitetiche se le si approccia con l’integralismo dottrinario a favore dell’una o dell’altra.

Negli ultimi anni si va invece consolidando la terza via di cui all’inizio di questo post.

E’ la via di un “capitale paziente” che cerca di trovare un punto di incontro tra i due approcci che abbiamo descritto prima, provando a coglierne gli aspetti migliori. Coniugando insieme lo sviluppo del mercato senza perdere la necessità di garantire aiuti alle persone più povere, consentendo loro di “tornare” in gioco rispetto ad un mercato che tenderebbe ad escluderli alla prima seria difficoltà.

Dunque la terza via che si vorrebbe sviluppare è quella di un “capitalismo paziente” che offra un nuovo orizzonte per lo sviluppo dei paesi poveri, partendo dalla consapevolezza dei limiti che ha il mercato, ma anche dalle grandi opportunità che in esso esistono e possono essere create.

Particolarmente interessanti sono in questo senso due conferenze che Jacqueline Novogratz, Fondatrice e Direttrice di Acumen Fund (http://acumen.org), ha tenuto negli anni scorsi e che sono riportate su TED.

La prima riguarda la “terza via”:

http://www.ted.com/talks/jacqueline_novogratz_a_third_way_to_think_about_aid.html.

La seconda chiarisce che cosa si intende per “capitalismo paziente”: http://www.ted.com/talks/jacqueline_novogratz_on_patient_capitalism.html.

Entrambi questi contributi mi hanno fatto riflettere rispetto alla necessità di lavorare in maniera sempre più convinta sul binomio tra innovazione e impatto sociale.

Riuscire a costruire nuovi schemi e nuovi ruoli avendo sempre chiaro l’obiettivo finale del nostro lavoro (un impatto sempre maggiore nelle comunità dei Paesi in Via di Sviluppo, garantendo loro dignità, istruzione e speranza) anziché continuare a perpetrare gli approcci “classici” che abbiamo conosciuto in questi anni.

Capitalismo paziente e aiuti. E se fosse questa la combinazione per arrivare, come avrebbe detto Sachs, alla fine della povertà?  

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