Economia intelligente: ho ansia di condividere. Anzi l’ansia mi fa condividere.

Sandro Polci | 11 Febbraio 2014

 

“Weconomy”, economia della condivisione, co-housing, co-sharing, co…  La crisi economica, associata al disorientamento sociale, può condurre verso opposte derive: allo scontro per l’accaparramento o alla condivisione per una diversa attesa di benessere. In questi anni sembra emergere un lievito genuino di condivisione, di nuovo sentire, imposto dagli scricchiolii divoranti di un modello di crescita continua e monotarget (PIL, ecc.) che non ha elementi di attrattività stringenti.

Se la regola primaria del saldo intergenerazionale ci parla di una eredità per figli e nipoti costituita da ambiente, sociale ed economia, i comportamenti degli ultimi decenni si sono principalmente rivolti a quest’ultima. Ma tradita la dimensione ambientale e trascurata in buona misura quella sociale, stiamo assistendo al palese scollarsi di quanto teneva tutto insieme: l’arricchimento. Se, ahimè, vediamo venir meno anche questo – drammaticamente e inevitabilmente – cosa resta? Si torna alla prima riga: “ho ansia di condividere. Anzi l’ansia mi fa condividere”.

Condividere come? I dati del terzo settore parlano di una crescita, in parte furba (dettata dal tentato abbattimento dei costi nella rivoluzione del welfare) ma in parte genuina: innovativa, creativa, solidale. Che pone al centro del proprio mondo un bisogno positivo che solo occhi disattenti non sanno qualificare (e quantificare). Forse che la coesione sociale non è un valore economico?

Ai bottegai di vecchio conio l’approccio microeconomico della cassa a fine giornata! Ma sia dato spazio al nuovo artigiano del buon vivere che, in una politica industriale intelligente e oggi assente, può porre al centro l’arcano della vera salvezza economica e del paese: la qualità. La qualità della relazione che è anche qualità di impresa; è l’Italia del crescere e del creare.

Oggi sono start up ma, umilmente mi sia concesso, il belpaese ha costantemente sfornato imprese di campanile che, oggi in numero di oltre 200 mila oggi esportano, innovano e…condividono nuovi orizzonti.  Dunque avanti!

 

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