Eco-villaggi e Transition Towns

Danilo Castagnetti| 5 Aprile 2016

“Possediamo tutte le tecnologie e le competenze necessarie per costruire in pochi anni un mondo profondamente diverso da quello attuale, più bello e più giusto. La crisi profonda che stiamo attraversando è in realtà una grande opportunità che va colta e valorizzata. Il movimento di Transizione è lo strumento per farlo”. Cristiano Bottone  co-fondatore Transition Italia 

Gli eco-villaggi e le transition towns sono oramai migliaia nel Mondo. Sono realtà che rappresentano un movimento culturale impegnato nel proporre uno stile di vita più attento ai rapporti tra le persone e tra l’uomo e la natura. Un’alternativa alla società dominata dall’attuale modello economico basato su un consumo sfrenato di persone e risorse.

Transition Town nasce dall’intuizione di un docente inglese:  Rob Hopkins  che insieme ai suoi studenti del Kinsale Further Education College (Irlanda) elabora un saggio dal titolo “Energy Descent Action Plan” (2003). Questo tratta in modo multidisciplinare e innovativo i temi della produzione di cibo ed energia, della salute, dell’educazione, del lavoro, di una economia diversa più basata su scambio e reciprocità.

Il movimento si è poi espanso dapprima in Inghilterra e poi nel Mondo. Attualmente risultano censite oltre 2.000 comunità riconosciute ufficialmente come Transition Towns principalmente nel Regno Unito, in Irlanda, AustraliaNuova Zelanda e anche (sperimentalmente) in Italia.

Il termine “città” rappresenta in realtà comunità di diverse dimensioni, da piccoli villaggi ai distretti concettualmente simili ai Distretti di Economia Solidale, fino a vere e proprie città come Totnes (GB 8.500 ab.) o il quartiere londinese di  Brixton.

Rob Hopkins è anche e soprattutto un ecologista che ha insegnato per anni i principi della permacultura, un modo di coltivare assolutamente naturale. Da questa sua esperienza deriva un’ulteriore importante intuizione: il concetto di resilienza.

Il termine resilienza esprime una caratteristica tipica dei sistemi naturali, è la capacità di un certo sistema, di una certa specie, di adattarsi ai cambiamenti esterni, anche di tipo traumatico, senza degenerare. Essa rappresenta una sorta di flessibilità rispetto alle sollecitazioni.

La società industrializzata è caratterizzata da un bassissimo livello di resilienza ed un corrispondente ed opposto altissimo grado di fragilità (Nassim Taleb). Viviamo tutti un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun controllo. Nelle nostre città consumiamo gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di chilometri per raggiungerci, grazie a  catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe, complesse e delicate. Il tutto è reso possibile dall’abbondanza di petrolio a basso prezzo che rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantità di merci da una parte all’altra del pianeta. Per quanto potrà durare tutto questo?

I progetti di Transizione mirano invece a creare comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e fortemente resilienti attraverso la pianificazione energetica e la ri-localizzazione delle risorse di base della comunità, ovvero la produzione locale di cibo, di beni e servizi fondamentali.

Le strategie vengono elaborate grazie alla costruzione di una rete sociale e solidale tra gli abitanti delle comunità. I processi decisionali nascono e sono governati dal basso.

Uno degli esempi più significativi di eco-villaggio è rappresentato da Findhorn, in Scozia. Questa esperienza, oltre ad essere una tra le più note in Europa, è tra le prime che sono nate, negli anni ’60 del secolo scorso. Essa nasce e si sviluppa dapprima come semplice orto biologico. Oggi raccoglie persone provenienti da tutto il Mondo  interessate alla permacultura, la sostenibilità, la resilienza, la meditazione e a molti laboratori del saper fare legati alla tradizione e agli antichi mestieri, oltre che all’arte e la creatività.

Nel tempo vi si è sperimentato di tutto: dalla produzione di energia da fonti rinnovabili, che oggi soddisfano pienamente il fabbisogno energetico degli abitanti del villaggio, alle abitazioni di tipo passivo costruite con i più disparati materiali facilmente reperibili in natura o recuperati dai rifiuti. Le relazioni di collaborazione e di scambio tra gli abitanti del villaggio e gli ospiti avviene prevalentemente attraverso il dono e la reciprocità.

Il tutto rappresenta  un modello di comunità sostenibile unico sul Pianeta.

 

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