Curare i dettagli

Stefano Oltolini |  Foundation Partnership Manager presso COOPI  | 18 ottobre 2016 

Mi occupo di costruire partenariati e di raccogliere fondi, specie da Fondazioni nazionali e internazionali. Mi confronto ogni giorno con punti di vista, priorità e modalità assai diverse tra loro e trovare un equilibrio che sia di mutuo vantaggio per tutti è diventato nel tempo uno stile di lavoro, oltre che una passione e una sfida che si rinnova quotidianamente.

La mia “cassetta degli attrezzi” è fatta di tecnica, esperienza, pazienza e consapevolezza che i risultati si raggiungono con sistematicità e applicazione.  A questo mix aggiungo una certa predisposizione alla cura del dettaglio, su cui mi vorrei soffermare in questo articolo.

Per un manager con responsabilità relazionali, e più in generale per un fundraiser, curare i dettagli è fondamentale in ognuna delle fasi del Ciclo di Relazione con il proprio stakeholder o investitore sociale. Possiamo brevemente riassumente le fasi come di seguito:

  • Identificazione, cioè la profilazione approfondita del soggetto;
  • Contatto o Incontro, ovvero la prima presa di contatto e la gestione di un primo scambio via telefono, mail o di persona;
  • Coltivazione, ovvero la continua cura del contattorelazione dall’incontro avuto fino alla effettiva presentazione di una richiesta fondi;
  • Presentazione Progettuale, cioè il momento formale di richiesta fondi secondo i tempi e le modalità previste dalla Fondazione o dal Donatore;
  • Mantenimento, ovvero la gestione della relazione dall’approvazione del contributo fino alla (positiva) conclusione dell’intervento – e oltre, per trasformare negli anni una semplice donazione in un vero partenariato strategico, in cui lo stereotipato rapporto donatoreimplementatore sia sostituito da un più paritario rapporto tra partners.

Nei workshop della Social Change School mi capita spesso di citare esperienze dirette – sia positive che negative, alcune assai divertenti – rispetto alle fasi iniziali di profilazione e presa di contatto, frutto della mia duplice esperienza come grant-seeker (cioè colui che cerca fondipartenariati, mio attuale ruolo) e come grant-manager (cioè colui che in una Fondazione riceve e analizza le richieste e partecipa agli incontri per valutare un potenziale nuovo partner a cui erogare risorse, funzione che ho ricoperto per quasi dieci anni).

Credetemi, date sempre la massima attenzione al primo contatto. Al di là delle procedure, metodologie, professionalità e bontà progettuale (cioè del “prodotto” per cui vi proponete) siamo pur sempre persone, e quindi siamo soggetti a valutare il nostro interlocutore – e ad essere valutati – sin dalle primissime battute.

Una relazione che parta male per un ritardo, un fraintendimento, un mancato rispetto di aspettative o modalità operative che semplicemente non conoscevamo o perché visibilmente non ci siamo sufficientemente preparati all’incontro, difficilmente avrà possibilità di evolvere in un positivo rapporto di partenariato, anche laddove il progettoprodotto che proponiamo fosse sufficientemente in linea con le aspettative dell’altra parte.

Al contrario, come in ogni relazione umana, una buona impressione iniziale che generi empatia e mutua disponibilità all’ascolto e alla collaborazione spesso permetterà di superare ostacoli, anche formali, rispetto al progetto o all’organizzazione che rappresentiamo.

La cura dei dettagli inizia da un ottimo Profiling dell’interlocutore o della Fondazione con cui vorremmo avviare un partenariato (attenzione, anche il linguaggio è importante – intenzionalmente non ho detto “da cui vorremmo raccogliere fondi”). Dobbiamo cercare di sapere tutto ciò che è disponibile: chi sono, di cosa si occupano, quali sono le loro priorità e la loro missionevisione, in che modo lavorano, come selezionano nuovi partner e quali progetti simili al nostro hanno già sostenuto in passato. Studiare a fondo i bilanci è essenziale; nelle sintesi iniziali possiamo conoscere meglio la posizione del leader (direttorepresidente), capire su quali tematiche la Fondazione oggi si interroghi, comprendere negli allegati finanziari in che modo si regge l’attività filantropica e di quali volumi di erogazione stiamo parlando.

Una approfondita analisi dello staff ci dovrebbe fornire anche una serie di nominativi e di esperienze per iniziare a pensare ad un contatto proficuo. Contrariamente a quello che molti pensano, pretendere di parlare con il direttorepresidente non è sempre la soluzione più intelligente, e sicuramente non è quella più efficace. Nelle Fondazioni, così come in ogni CSO (Civil Society Organization – acronimo che preferisco per accumunare le non profit che impiegano professionals), vi sono responsabili di specifici programmi tematici o geografici (che chiameremo desk) con lo specifico compito di seguire i partners – nuovi ed esistenti. Queste figure sono il nostro “target” relazionale. Sono spesso figure di medioalta seniority, le cui bio sono spesso presenti in rete o su LinkedIn. Di norma seguono procedure e modalità ben precise e dobbiamo preparare il contatto e l’incontro con grande rispetto e attenzione.

Nei miei anni da grant-manager ho visto errori macroscopici ripetersi in serie. Telefonate di contatto affidate a giovanissimi stagisti e fatte a caso, chiedendo informazioni ampiamente disponibili da una rapida lettura del sito. Presidenti pieni di sé che pretendono di parlare solo con il Presidente, con il tono italico del “lei non sa chi sono io”. Mail piene di errori grammaticali, taglia e incolla riusciti penosamente, toni scortesi o completamente sbagliati (nel 2016 non si possono utilizzare formalità auliche che sanno di stantio, ma nemmeno dare del tu in un primo messaggio di presentazione).

Nel preparare la prima telefonata o la prima mail, dovremo in realtà prepararci accuratamente. Dovremo essere empatici, sintetici, chiari, competenti, ma lasciar trasparire anche la passione e l’entusiasmo che abbiamo per questo lavoro. Soprattutto, dovremo provare a entrare nei panni dell’interlocutore e imparare ad ascoltare, più che parlare di noi tutto il tempo. Lavoriamo per fasi: l’obiettivo del primo contatto è presentarsi brevemente ma soprattutto avere l’occasione di un incontro di persona, non mettersi a presentare i dettagli di un progetto al telefono o via mail.

Nel caso ci venisse concesso un incontro, sapere con chi faremo un colloquio aiuta moltissimo a prepararsi, così come avviene nella ricerca di un lavoro. Salvo casi eccezionali in cui dovesse risultare impossibile ottenere l’informazione, dovremo quindi sempre sapere in anticipo con chi ci incontreremo. Di questa persona, prima dell’incontro, dovremo arrivare a sapere tutto quel che è disponibile: biografia professionale su LinkedIn, articoli pubblicati sui social e ambiente accademico, eventuali commenti raccolti da contatti in comune o da precedenti grantees (cioè organizzazioni già beneficiarie di un contributo) etc.

Venendo sul personale, diverso sarà il modo in cui mi dovrò preparare quando so già di dover incontrare il PresidenteFondatore, uomo, magari di una certa età ed esperienza in una Fondazione in Italia, piuttosto che la Direttrice donna, esperta di comunicazione e famosa fundraiser di una realtà filantropica in Svizzera o il giovane Program Associate di una Fondazione americana, con pochi anni di esperienza ma tutte figure professionali concentrate in una nicchia tematica di cui magari io so poco.

Alcuni consigli validi per ogni occasione, a ogni latitudine:

  • Mai essere in ritardo. Per me la tenuta dei tempi è fondamentale, ho sempre ritenuto offensivo non essere puntuali e odiato la consuetudine italiana del “quarto d’ora accademico”. Un professional studia accuratamente il luogo e anche il setting dell’incontro, specie se all’estero, arriva con molto anticipo per ovviare ad eventuali imprevisti, e si presenta all’appuntamento qualche minuto prima dell’orario concordato, sufficientemente rilassato e sereno.
  • Vestirsi sobriamente e in maniera professionale: non stiamo andando ad un matrimonio ma nemmeno in palestra. Giacca e camicia per gli uomini – di norma senza cravatta – e l’equivalente femminile, per intenderci.
  • Prepararsi una scaletta e gestirla con disinvoltura può aiutare. Fate spesso domande per capire il punto di vista dell’investitore sociale, non solamente finalizzate a presentare al meglio il vostro progetto.
  • Preparare accuratamente i tools: cosa intendiamo utilizzare (presentazioni, bilanci, sintesi progettuali) e cosa intendiamo lasciare fisicamente al nostro interlocutore al termine dell’incontro, in una ordinata cartellina con anche il nostro biglietto da visita.
  • Essere sempre pronti ad improvvisare in caso le condizioni cambino: anche se abbiamo una splendida presentazione sul PC ma ci rendiamo conto che non è opportuno mostrarla (ad esempio perché siamo finiti a fare l’incontro in una caffetteria, mi è successo parecchie volte!) dobbiamo saper procedere comunque. A volte mi è successo anche il contrario: mi attendevo un tranquillo incontro con un desk intermedio, ma sono stato ricevuto senza preavviso dai vertici (direzione e presidenza) pronti ad approfondire un progetto – e immaginate che disastro se non lo avessi avuto pronto!
  • Tenere d’occhio il tempo: anche l’incontro più proficuo non può andare oltre l’ora di colloquio. Quando vi rendete conto che il vostro tempo sta per esaurirsi, ringraziate e ricapitolate con precisione di cosa avete parlato e quali saranno i successivi passaggi (soprattutto se vi impegnate a mandare documentazione o progetti entro determinate scadenze).
  • Subito dopo l’incontro, appena rientrati, ringraziate immediatamente con una mail, e nella stessa rimettete per iscritto le stesse conclusioni che avevate sintetizzato in chiusura di colloquio. Ricordate che i desk che vi hanno ricevuto di norma apriranno sulla vostra organizzazione un file in cui andranno via via salvando ogni vostra comunicazione, oltre a un report dell’incontro con voi avuto. Se il report lo scrivete voi, verrete ancora più apprezzati.

Per concludere, curare i dettagli significa aver cura della relazione. Così come serve attenzione e impegno per far crescere una qualsiasi forma di vita, così anche avviare e coltivare una relazione con un potenziale partner investitore necessita di concentrarsi anche sugli aspetti di dettaglio.

Fatemi sapere se siete d’accordo anche voi, condividendo se vi va qualche riflessione o ricordo professionale. Grazie.

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