Power Point e le confezioni di mortadella

Andrea Stroppiana | 5 Maggio 2015

Sono un fan della visualizzazione delle idee, faccio formazione visualizzando con diversi mezzi i concetti chiave che propongo ai partecipanti o che i partecipanti stessi propongono al gruppo che sto formando. Condivido l’idea, ampiamente dimostrata, che l’apprendimento e la memorizzazione siano maggiori quanto più “sensi”, tra i 5 che disponiamo, vengano coinvolti nel processo comunicativo. Ciò detto e nonostante ciò, sopporto sempre più a fatica l’invasione delle cosiddette “slide”, che qualche anno fa si proiettavano con la lavagna luminosa e che oggi vengono socializzate tramite computer per lo più utilizzando il programma Power Point.

Posto che non esistono strumenti buoni o strumenti cattivi, ma buono o cattivo è l’utilizzo che se ne fa, è innegabile che l’uso delle slide sia sempre più diffuso e venga propinato, a mio avviso in modo indiscriminato, quasi ad ogni evento in cui qualcuno debba trasmettere conoscenze o capacità o voglia illustrare concetti, fatti, idee.

Sono formatore da almeno 3 lustri e mi piace studiare da dilettante i processi psicologici legati all’attenzione, all’apprendimento e alla memorizzazione. Questi 15 anni di esperienza mi portano a credere che gli esseri umani apprendono e memorizzano le cose che ascoltano nella misura in cui vengono coinvolte le loro Emozioni. Ho scritto volutamente questa parola con la e maiuscola perché le Emozioni costituiscono l’elemento chiave che fa funzionare in maniera attiva il cervello delle persone (o almeno il mio). In questo non temo di essere smentito e in ogni caso continuerei ad esserne convinto in quanto si tratta di qualcosa che sperimento continuamente sia come formatore, sia come discente o fruitore di seminari, incontri e momenti comunicativi di vario genere.

Non voglio qui minimamente soffermarmi sulle slide che contengono più di 5-8 righe (che ritengo autentiche aberrazioni) né vorrei prendere nella benché minima considerazione quei docenti o quei relatori che le leggono diligentemente ad alta voce di fronte alla loro “audience” in quanto entrambi gli aspetti ricadono nella sfera del grottesco più ovvio. Qui mi riferisco a slide leggere quantitativamente, quasi sempre contenenti liste a punti elenco o affermazioni, enunciati, definizioni come vuole il più sano protocollo e, al contempo, mi riferisco a docenti che usano il proprio linguaggio narrativo e le proprie parole per illustrarle.

Ora che ho fatto questi distinguo che mi hanno permesso di definire inadeguati almeno il 50% (e sono ottimista) degli utilizzi di Power Point, e di concentrarmi sul rimanente 50% , mi vorrei prendere il lusso di fare, a briglia sciolta, alcune affermazioni.

 Prima affermazione: “le slide sedano le emozioni”. Esse sono lo strumento più a-emotivo, o se si preferisce, anaffettivo che, salvo rarissimi casi, i tempi moderni abbiano partorito nel campo della comunicazione. In una serie di punti elenco è contenuto un grado di freddezza, frustrazione e non coinvolgimento che solo le liste riescono ad avere. La lista (si pensi a quella della spesa o delle cose da fare) è proprio ciò che si redige quando si vuole evitare di memorizzare o perché si ritiene che tale sforzo non valga la pena o perché si pensa di non avere il tempo o la capacità di farlo.

Personalmente quando mi trovo di fronte ad una lista di punti elenco partecipando ad attività formative, mi scoraggio immediatamente. Mi assale la sindrome da affaticamento precoce misto ad un senso di frustrazione e di impotenza. Profondamente diverso quando la lista viene costruita mattoncino dopo mattoncino e costituisce il prodotto finale (e non iniziale) di un processo. Allora memorizzarla non costa così tanta fatica e non provoca frustrazione perché la si è costruita passo a passo e la si possiede come il risultato riassuntivo del processo stesso. Ancora, e per concludere, uno schermo con una frase, definizione, enunciato, scritti e preparati probabilmente da una persona diversa da quella che la commenterà e in un momento antecedente a quello della proiezione mi fa lo stesso effetto emotivo delle cartoline di auguri che si comprano prestampate dal tabaccaio o delle lettere d’amore suggerite in internet per chi è a corto di idee. Non pretendo certamente che l’enunciazione del teorema di Pitagora possa essere oggetto di creatività e fantasia, ma credo fermamente (e nessuno provi a smentirmi) che anche un concetto apparentemente freddo possa essere comunicabile in modo assai più coinvolgente di ciò che può fare una definizione copiata da un manuale e proiettata sul muro.

Seconda affermazione: “le slides tolgono potere”. Se per il lettore di questo scritto hanno un senso concetti quali ownership (senso di appartenenza), protagonismo, partecipazione attiva, applicati a chi è coinvolto in un evento centrato sulla comunicazione (come ad es. la formazione, o un convegno), ebbene non avrà difficoltà a condividere la sensazione che le slide vadano nella direzione diametralmente opposta a questi 3 concetti. Esse non lasciano spazio, nella loro formulazione, al soggetto che ne fruisce perché sono già impacchettate come un prodotto definitivo, esse non contemplano contributi altri rispetto a quelli di chi le ha fatte perché sono blindate in quanto prodotto preconfezionato. Riuscite ad immaginare una slide con una lista di punti a cui un partecipante volesse aggiungerne qualcuno? O una definizione che qualcuno proponesse di migliorare? Bisognerebbe entrare in PP e rifare la slide. Quale docente si sognerebbe di farlo di fronte al gruppo mettendo in forse la bontà del prodotto?

Terza affermazione: “le slide sono di una noia mortale”. Vi è mai capitato di ascoltare un intervento di qualcuno che, foglio in mano, si mette a leggere? Come vi è sembrato? Direi che tale non era precisamente lo stile di Ghandi e di Martin Luther King quando parlavano alla gente per comunicare idee importanti. Le slide hanno il livello di comunicazione creativa e di coinvolgimento emotivo di un concerto pre-registrato e trasmesso in play back, o di una porzione di spaghetti alla bolognese in scatola riscaldata al microonde.

Quarta ed ultima affermazione: “le slide appiattiscono l’individuo omologandolo alla massa”. Perché faccio questa affermazione? Perché le slide sono preconfezionate, questa è la loro natura e la loro ragion d’essere, non solo, ma esse sottolineano e sanciscono una differenza gerarchica tra chi trasmette i contenuti e chi li riceve, aspetto particolarmente negativo nella formazione degli adulti. Devono livellare, omogeneizzare e soprattutto standardizzare il trasferimento dei concetti e delle idee con totale noncuranza dell’individuo in quanto tale: il messaggio viene trasmesso allo stesso modo chiunque si abbia di fronte. E non da ultimo (e in questo ci si allaccia alla prima affermazione sulla a-emotività), la standardizzazione come la omogeneizzazione possono raramente stupire, divertire o uscire dalla strada battuta e consolidata. Sono perfette in un evento accuratamente pianificato in cui è importante il rispetto dei tempi, ed in cui i contenuti non sono da discutere, ma da prendere, preferibilmente in silenzio, così come sono.

Conclusioni

Avevo detto all’inizio che non esistono strumenti buoni o cattivi. Ecco a seguito una serie di situazioni in cui ritengo appropriato e positivo l’uso di slide.

In primo luogo ritengo le slide un perfetto strumento di appoggio e aiuto al docente incerto, il quale, per assurdo, potrebbe essere anche debolissimo o completamente neofita su di un argomento, ma con buone slide riuscirebbe a fare, con discenti alle prime armi, una bella figura. Il docente così ha il pieno controllo dei tempi e dei contenuti, non rischia di scordarsi nulla e non deve memorizzare le definizioni né la scaletta della lezione.

In secondo luogo ritengo le slide un perfetto strumento per quel relatore che non sa come impostare un intervento o che non ha tempo (o voglia) di preparare una presentazione in un modo più coinvolgente (esiste sempre, un modo più coinvolgente rispetto all’uso delle slide). Quante volte queste sono fatte da persone diverse da quelle che ne fanno uso? Quante volte docenti o relatori ne vanno a caccia per parlare di qualcosa di cui hanno poca dimestichezza o quando hanno poco tempo per prepararsi?

In terzo luogo ritengo le slide utili ed appropriate per mostrare fotografie, grafici, budget, tabelle che possano fungere da sostegno ad idee espresse o da esprimere con altri mezzi; oppure, una tantum, per comunicare citazioni, definizioni, leggi o regole; anticipare brevemente concetti da approfondire altrimenti o riassumerli se già approfonditi, mostrare i passi per un esercizio che si richiede di fare ai partecipanti o una bibliografia.

In quarto luogo ritengo le slides utilissime per fare un ripasso di ciò che si è insegnato o comunicato in altro modo e con altri mezzi al termine di una giornata o di un intervento particolarmente lungo o elaborato.

Ci sono casi in cui, invece le slide non sono uno strumento appropriato e sono tutti quelli che non rientrano nei 4 punti precedenti ovvero il 90% dei casi in cui normalmente vengono usate. A questo proposto vorrei fare una affermazione conclusiva che mi attirerà le ire ed il vituperio della stragrande maggioranza dei lettori docenti e mi getterà nell’ultimo girone dell’inferno della formazione: ritengo che le slide usate al di fuori delle situazioni che ho descritto sopra, e salvo rarissimi casi, costituiscano una mancanza di rispetto verso le persone a cui vengono proiettate, prima di tutto perché indicano che colui che le sta usando non ha avuto voglia di trovare il modo di pensare a forme comunicative più coinvolgenti, ha ritenuto la propria “audience” non abbastanza importante da meritare una comunicazione esclusiva ed infine non ha giudicato i partecipanti in grado di potersi inserire in modo attivo nei contenuti considerandoli soggetti inadatti a contribuire, ma piuttosto a ricevere contenuti già confezionati. Le slide, come ho già espresso, portano la comunicazione nella direzione della omologazione in cui si comunica senza adattare il messaggio al gruppo o all’individuo che si ha davanti lasciando le persone in gran parte al di fuori dai processi comunicativi, mettendo barriere fisiche e psicologiche tra docente e discente, comunicatore e ascoltatore.

Nel mio quartiere sono spariti la maggior parte dei negozietti dove la gente andava a fare la spesa coniugando necessità e piacere, dove l’avventore scambiava due parole col negoziante anche quando c’era la fila e si socializzava per il gusto di farlo. Ora al loro posto c’è il supermarket se non il centro commerciale dove si può comprare tutto nello stesso luogo, risparmiando tempo e senza la necessità di aprire la bocca. Qui la mortadella si trova già affettata e impacchettata sotto vuoto in confezioni standard da 100 grammi e mezzo millimetro di spessore. Il prodotto e le esigenze del cliente sono predefiniti. Analoga è la logica secondo la quale mi sembra si stia muovendo la formazione e la comunicazione negli ultimi anni. Se è questo quello che vogliamo e quello che ci piace, continuiamo pure ad usare Power Point come stiamo facendo.

P.S. E’ nato di recente un movimento su scala mondiale anti Power Point con sede in Svizzera. Chi fosse interessato a saperne di più il sito è: www.anti-powerpoint-party.com

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