Seppur con una presenza manageriale femminile in percentuale molto superiore al settore profit, nel Terzo Settore italiano persiste ancora un divario significativo tra uomini e donne nei ruoli apicali. A fronte di un 67% di donne e 33% di uomini impiegate/i nel settore, la percentuale di dirigenti si ribalta in modo speculare, con il 30-40% di dirigenti donne ed il 60/70% di dirigenti uomini.

Questi dati segnalano:

• Una contraddizione valoriale che si sente il bisogno di colmare
• Un mancato sfruttamento del potenziale: gli studi dimostrano che le organizzazioni guidate da donne, tendono ad adottare approcci più inclusivi e responsabili, con impatti positivi sia sulle performance interne sia sui risultati esterni
• Un rischio di perdita reputazionale e di ‘appeal’ nei confronti dei giovani (sempre più attenti all’eguaglianza di genere e che iniziano a vedere il Terzo Settore come ‘datato’, troppo gestito da uomini “di una certa età e bianchi”) e da parte delle donne con più forti ambizioni di carriera.
• Una incompleta equità di genere che comporta minori opportunità per le donne e maggior carico di stress e rinunce

In tal senso è importante ed urgente la necessità di una azione di sistema che riequilibri la situazione verso una maggiore coerenza. Pertanto da Gennaio 2025 abbiamo avviato un confronto con le principali organizzazioni e una parte del mondo femminista italiano.

La concezione della managerialità e della leadership che proporremo ha dei presupposti scientifici basati sulla psicologia sociale (leadership trasformativa, situazionale e shared leadership) e non ‘ideologici’ – come la cosiddetta ‘leadership femminista’ (la quale in realtà ‘si appoggia’ ai modelli di leadership trasformazionali e distribuiti, ma non esiste dal punto di vista scientifico).