Niente Brexit, siamo inglesi!

Marco Crescenzi| 1 Luglio 2016

Dopo una settimana a Londra full immersion nella Brexit sono convinto che i ‘Leavers’ hanno molte ragioni, che la Brexit non ci sarà e che se non ascoltiamo le periferie il populismo ci travolgerà.

D’altronde, come diceva più o meno Brecht– cito a memoria-: “Un popolo non si può sciogliere per eleggerne un altro, ci dobbiamo tenere quello che abbiamo”. E capendo meglio il popolo dei Leave forse capiremo quello dei Le Pen e dei Trump, evitandone l’ascesa.

  1. I “leave” hanno mille ottime ragioni. Ho passato tempo in strada a parlare con molti di loro, nè ignoranti nè vecchi. Tra questi c’è il fondatore del Ukip di cui ora è leader Farage, Alan Sked: era Head of European Studies alla LSE-London School of Economics – che non è un allevamento di polli- ha definito l’UE “Mad, Undemocratic, a Waste of Money…” un cattivo affare sia economico che politico per il Regno Unito.

Tante storie di strada, tipo: famiglia senegalese, per farsi assegnare una casa popolare dal governo “fanno finta” di separarsi, a lei e figli viene assegnata la casa, poi ci vivono insieme con il finto ‘ex’, dopo parecchi anni la riscattano a prezzi ridicoli. Eurochiusura!

Spencer, amico ‘manager alberghiero’: “per fare una cosa abbiamo bisogno di sei autorizzazioni, non ne posso più, riprendiamoci il controllo delle nostre cose’. Eurostress!

Nuovo logo dell’UE (peraltro brutto): costato 350.000 euro, in realtà lo potevano far fare ‘probono’- gratis. Eurodisgusto!

Lasciamo poi stare i privilegi di chi vive a Bruxelles, la percezione che ‘la Germania comandi’ con lesa maestà della Regina, che chi vota Leave è più ‘stanziale’ e quindi più interessato alla tranquillità che alla ‘libera circolazione’.

Si dice: ma i Leave sono meno istruiti e/o più anziani, perché mai devono ‘uccidere il futuro dei giovani’? Perché i meno istruiti e/o anziani, sono la maggioranza. L’Europa occidentale (Londra e Berlino a parte) è diventato un immenso centro anziani a cielo aperto, di che ci stupiamo- quando nella metro di Bangkok per trovare un over quarantenne ho dovuto spostarmi di due vagoni e a cinquant’anni mi sono sentito matusalemme! Mettiamoci poi l’odio (comprensibilissimo) per banche e finanze a, difese dai governi sfruttato così bene dai populisti.

E la cattiva gestione “politically correct” di minoranze problematiche, come gli zingari a Roma, salvo poi che nessuno racconta cosa gli zingari fanno di buono, dai gruppi musicali alle cooperative che fanno ottima cucina cosmopolita.   

Molti argomenti ‘pro-UE’ sono inoltre incontestabilmente falsi (senza euro le economie tracollano, stati piccoli non reggono alla globalizzazione), e a dire falsità, si perde di credibilità anche quando poi si dicono cose vere….

  1. Il populismo non si combatte (solo) limitando i referendum. Ne ho discusso tanto con vari colleghi, tra cui Sandro Calvani (già ONU e Presidente del nostro Comitato Scientifico,) sono d’accordo su alzare i quorum e le maggioranze, e non usarlo per gli accordi internazionali (in Italia è già così). Però il populismo (che dà risposte semplicistiche a problemi dolorosi e veri) puoi anche tenerlo fuori dalla finestra (referendum) ma poi ti sfonda la porta (alle politiche– vedi rischio Austria, vedi rischio Francia, vedi USA). Cameron ha indetto il referendum non per amore di democrazia, ma per essere politicamente più forte. Vanno cambiate anche le chiavi di lettura: non possiamo ripetere che il Movimento 5 Stelle è ‘antipolitica’, semmai ci ha salvato dal peggiore populismo.

La sfida della democrazia va combattuta e vinta nelle periferie: periferie delle città, periferie negli stati, periferie della cittadinanza, periferia ‘dell’anima’ (questa non è mia). Lavorare sulla fortissima irritazione che monta e mette a rischio democrazia e dialogo. Ce lo ricorda Saviano in un suo articolo recente. Non gli si può raccontare che le cose vanno bene, bisogna rimettere le marginalità al centro dell’azione politica e sociale. L’ultimo vero sindaco di Roma, Petroselli, lo aveva capito bene, e purtroppo anche la Meloni. Così come, per fortuna, tante associazioni come quelle di Scampia a Napoli.

  1. Della Brexit probabilmente non se ne farà nulla. Il 23 giungo dalle 6.30 di mattina ero a Downing Street: credevo di essere al centro della Storia ma più probabilmente ero al centro di una farsa. La Brexit è un suicidio assistito (da Cameron) e gli inglesi sono insopportabilmente arroganti e presuntuosi ma non del tutto stupidi. O la Scozia metterà il veto (probabile), o Londra uscirà dall’UK (un’improbabile repubblica indipendente), o approvazione di un nuovo referendum… siamo passati dal Regno Unito al Regno della Farsa… ma alla fine, la Brexit la bloccheranno, o al massimo andrà come per Norvegia e Svizzera, mercato comune e moneta propria come ora, libero scambio e qualche piccola seccatura in più. Molti hanno votato senza aver capito bene, ora che dopo aver votato sono andati in massa su Google per cercare ‘UE’ – stanno realizzando.

PS. Finito questo post in areo durante viaggio di ritorno a casa a Madrid, vedo titolo Financial Times, a firma Gideon Rachman, pag 13 “I do not believe that brexit will happen”. Non sono il solo a non crederci!

God Save the Queen!

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