CANVAS FUNDRAISING: un nuovo modello per il Fundraising

Massimo Pesci, Marco Crescenzi | 25 Ottobre 2013

Come ‘trasmettere valore’ al donatore? Come co-progettare la campagna di fundraising in modi strutturati ma più creativi? Come avere una base ‘visual’  chiara per il piano? Come avere un strumento di pianificazione su standard ‘internazionali’ specifico per il fund raising ma ‘comunicabile’ anche ai ‘non addetti’?

L’aumento esponenziale delle “buone cause” e quindi della competizione tra organizzazioni ha determinato la necessità di figure professionali di ‘fundraiser’ sempre più solide e preparate. L’aumento della richiesta di donazioni, unito alla minore disponibilità di risorse pubbliche e alla contingenza economica negativa, stanno ponendo al centro delle attività di raccolta fondi il tema del “Valore” prodotto da una organizzazione.

L’impatto positivo delle attività che l’organizzazione produce sulla comunità diventa leva determinante per  l’atto di donazione.

Il donatore, sia esso un privato o un’ azienda, diventerà sempre più un investitore sociale consapevole piuttosto che un donatore a fondo perduto  pronto ad affidare il suo denaro a un intermediario (l’organizzazione) che sta tra lui e la buona causa. Un  fenomeno che nel mondo anglosassone viene definito di ‘Impactr Buyers’.

Il “Ciclo del Fundrasing” (elaborato quasi 20 anni fa da H.Rosso e che resta un fondamentale modello di scansione temporale e consequenziale delle attività)  dovrà mettere il donatore al centro del processo:  concentrarsi sul “valore” che gli offriamo in cambio della sua donazione e sui modi con i quali glielo proponiamo è un imperativo sempre più pressante sia per il giovane crowdfunder che per l’esperto responsabile di area.

Il Business Model  Canvas (BMC)  applicato al fundraising (CANVAS FUNDRAISING), elaborato all’interno del Master in Fundraising, Comunicazione e Campaigning di ASVI,  offre la opportunità di lavorare in termini di “modellazione del business di raccolta fondi” per creare una amalgama efficace.

Il BMC è ormai un modello di lavoro ben consolidato, co-creato in crowdsourcing  da oltre 400 esperti di 45 paesi del mondo,  che pur si è affermato come il nuovo e  potente ausilio nelle fasi iniziale di progettazione di business sociali.

La sua applicazione al fundraising è invece una proposta  di ASVI Social Change, proposta agli operatori nell’articolo di recentissima pubblicazione, ‘Business Model Canvas Fundraising’, di Massimo Pesci, Direttore del Master in Fundraising di ASVI e Marco Crescenzi, Presidente ASVI e direttore Master in  Social Innovation di ASVI.

I cardini dell’efficienza del Canvas Fundraising sono molti: comporre il giusto mix di leve efficaci che stimolano un soggetto a donare con marketing e contenuti sociali ed etici vanno finalmente d’accordo in una unica “proposta di valore”. Evidenziare i punti di forza della nostra proposta. Far diventare il processo di creazione o di revisione di una campagna di fundraising un processo “partecipato” all’interno della organizzazione: tutte le funzioni organizzative dicono la loro lavorando in team su un unico strumento. Creare un modello della nostra campagna in cui emergono i punti chiave, quelli che contano per il nostro donatore e per la macchina di raccolta fondi.

Si parte dall’analisi dei ‘CUSTOMER SEGMENTS’ e dei Target giusti. Nel non-profit il nostro target è diviso: il donatore e il beneficiario. Uno mette a disposizione le sue risorse (denaro, tempo) e l’altro riceve  il prodotto o servizio.

Si considera, poi, il tipo di  DONOR RELATIONSHIP, la RELAZIONE da sviluppare con il donatore per ottenerne il sostegno, per mantenerlo e magari incrementarlo in futuro.

Poi si studia attraverso quali CANALI potremo non solo arrivare a lui ma mantenerlo vicino alla nostra organizzazione nel tempo. Non parliamo solo della scelta dei canali di comunicazione come suggerisce il Ciclo del fundrasing, ma  piuttosto della loro coerenza col profilo complessivo Target-Valore-Relazione.

Si analizzano i PARTNER CHIAVE, quelli senza i quali  non potremmo operare nella campagna e che potrebbero costituire anche una parte importante del Valore da proporre al donatore (si pensi alle campagne di CRM).

Si definiscono le ATTIVITÀ CHIAVE, quelle in cui non possiamo fallire.

Infine si effettua un’analisi della COST STRUCTURE (il flusso degli oneri) e della REVENUE STREAM (il flusso delle entrate) per capire quanto possiamo investire, quanto possiamo attendere le donazioni, che tempi e strumenti abbiamo per rifasare la campagna, quanto la campagna sarà efficace nel garantire la sostenibilità attesa dalla organizzazione.

Il CANVAS FUNDRAISING aiuta a passare dalla semplice somma dei tecnicismi (progettuali, di marketing, di comunicazione, di controllo di gestione) alla loro effettiva integrazione in una unica azione capace di esprimere il massimo potenziale di fundraising di una organizzazione o di un progetto.

E lo fa in maniera semplice: si basa su uno schema grafico da popolare mediante lavoro di gruppo; rapida– a volte basta meno di un’ora per capire se la nostra campagna partirà col piede giusto; logica e consequenziale– attribuisce a tutte le componenti che creano una campagna vincente le rispettive responsabilità, sincronizza i singoli ingranaggi e fa partire alla grande la macchina del fundrasing; obiettiva– lascia che sia il modello a giudicare la bontà di una idea, di una proposta, di una attività.

Leggi l’articolo esteso  ‘Business Model Canvas Fundraising’, ASVI, Massimo Pesci e Marco Crescenzi.

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